La CUT offre la propria visione del comparto a riscontro dell’intervista ad Oscar Salgado pubblicata da Uva da Tavola nel numero di Febbraio – Marzo 22

La CUT offre la propria visione del comparto a riscontro dell’intervista ad Oscar Salgado pubblicata da Uva da Tavola nel numero di Febbraio – Marzo 22

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Il punto di vista del tecnico cileno Oscar Salgado è senza dubbio autorevole, in quanto gode dell’immenso privilegio di aver avuto prestigiosi contatti professionali con le più grandi realtà del settore dell’uva da tavola nel mondo, avendo prestato la Sua importante competenza a favore di interi comparti in tutti i principali areali produttivi del pianeta. Questo non è poco, soprattutto quando ci si confronta con interlocutori come noi italiani (dobbiamo dircelo), che siamo spesso più bravi a suonarcela e cantarcela da soli, piuttosto che ad osservare ed ascoltare gli altri, i tecnici, i consulenti, coloro che hanno maturato maggiore conoscenza, specializzazione ed esperienza, ma anche più semplicemente ad imparare dai nostri colleghi o dai nostri competitors, salvo poi lamentarci che la filiera dell’uva da tavola italiana perde competitività e le nostre aziende hanno difficoltà a creare il reddito atteso ed a conseguire i risultati sperati sia in produzione che nel posizionamento sui mercati.

Abbiamo letto con grande interesse l’intervista rilasciata da Salgado ad Uva da Tavola, in qualità di addetti ai lavori del comparto, e tra i tanti importanti spunti di (amara) riflessione che dalle Sue parole possono trarsi, ce ne sono alcuni sui quali sentiamo il dovere di intervenire con una replica serena, entusiasta e costruttiva, che possa costituire uno scambio di opinioni ed informazioni teso al miglioramento del sistema.

Innanzitutto, siamo assolutamente d’accordo sull’esistenza di un vantaggio competitivo da riconoscere alla Spagna rispetto all’Italia, nell’approccio alla produzione di uva da tavola: non solo perché, effettivamente, la Spagna è Market Driven e concentra il suo business sull’export, ma soprattutto perché gode di costi di lavorazione (manodopera, trasporto…) tra il 20 e il 30% più bassi dei nostri, grazie ad una più favorevole politica governativa, ed anche in quanto ha saputo certamente recepire e sviluppare le innovazioni tecniche, scientifiche, colturali e varietali meglio e prima di noi.

Proviamo a dare però alcuni numeri, ad integrazione e parziale smentita di quanto da sostenuto: è vero, la Spagna, con i suoi 14.000 ettari, esporta circa il 70% (193.000 tons) della sua produzione totale (273.000 tons), ma si tratta di quantitativi di gran lunga minori rispetto a quelli del nostro paese, che, con i suoi 47.000 ettari, esporta circa 500.000 tons, che rappresentano il 50% dei propri volumi produttivi. Tanto che per l’export nazionale di ortofrutta la filiera dell’uva da tavola è seconda per volume e valore solo a quella delle mele.

Potremmo quindi sostenere che l’Italia, pur non essendo spiccatamente Market Driven, può sicuramente dire la sua circa il presidio dei mercati esteri con il proprio prodotto ed il proprio servizio e dunque non concordiamo a pieno con la tesi che vede, come sostenuto, la filiera italiana improntata attualmente alla produzione solo per il mercato interno, anzi riteniamo l’export fortemente trainante per la ns. uva da tavola.

E’ invece assolutamente vero, senza se e senza ma – e le parole di Salgado in questo senso devono costituire uno stimolo ad attivarci in tal senso – che la nostra industria dell’uva da tavola è molto indietro rispetto all’innovazione ed allo sviluppo di efficaci ed efficienti processi e tecnologie sul post raccolta, partita estremamente importante per la performance futura del settore in termini di qualità e stagionalità della propria produzione e dell’apprezzamento del proprio prodotto sui mercati italiani, europei e mondiali. L’esperienza del tecnico cileno in questo campo, e non solo, potrebbe aiutarci molto a migliorare e superare il limite competitivo e strutturale che paghiamo in quest’ambito, consentendoci di ricercare e sperimentare tecnologie ed attuare processi per perfezionare il ns. know how ed ottenere di poter proporre ai mercati un prodotto di sempre maggiore qualità. Certo, la manipolazione ed il packaging non sempre aiutano a tal fine, ma purtroppo la tendenza globale incontrovertibile ormai è quella di confezionare l’uva non rinfusa, ma in imballi più igienici e più adatti alla vendita in gdo ed al consumo out of home; la filiera deve prenderne consapevolezza e fare ricerca proattiva anche in questo campo.

Siamo invece perfettamente consapevoli della assoluta necessità del nostro comparto di riedificare la propria immagine, dimostrando di essere capace di rispettare l’esercizio del diritto alla tutela della proprietà intellettuale da parte di chiunque porti innovazione alla filiera; innovazione senza la quale rischiamo che diventi insostenibile il peso della “zavorra” creata dal voler rimanere troppo ancorati alle tradizioni, ai metodi antichi ed alle vecchie regole (o non regole…) , mentre il sistema agricolo dal punto di vista normativo, produttivo e commerciale cambia ad altissima velocità, come è giusto che sia. Dobbiamo anche affermare però, ad integrazione di quanto esposto, che può apparire tuttavia lecita la richiesta del territorio di evitare speculazioni eccessive da parte degli operatori e concordare e armonizzare meglio insieme il sistema di divulgazione varietale applicato dai breeders al contesto produttivo e commerciale caratteristico del nostro paese e diverso (purtroppo) per sua stessa natura culturale e morfologica, da quello degli altri areali del pianeta. Potrebbe rivelarsi più virtuoso e proficuo per tutti.

Facciamo notare inoltre, a tal proposito, che progetti di breeding nazionali non ci sono, però, soltanto in Spagna (ITUM), ma anche in Italia : Grape & Grape Group, Italian Variety Club, Nuvaut. Sebbene siano sicuramente nati troppo tardi e forse siano troppi (all’ italiana…), alcuni di essi si stanno dimostrando molto concreti e pronti ad offrire i risultati promettenti del proprio lavoro al territorio.

Rivendichiamo inoltre con grande orgoglio il nostro modo “romantico”, come simpaticamente viene definito nell’intervista, di coltivare e di produrre l’uva da tavola! È una espressione molto suggestiva, che racconta di come da oltre 100 anni le mani dei nostri contadini prima, diventati produttori agricoli poi ed infine imprenditori agroalimentari, lavorino la terra, i vigneti e l’uva con rispetto e passione, consapevoli dell’unicità del proprio territorio, del proprio clima e del proprio prodotto. Tuttavia, riteniamo che le tecniche produttive di cui siamo a conoscenza siano sicuramente all’avanguardia, e si stiano diffondendo velocemente tra gli operatori, sostituendo quelle tradizionali, quando risultano inadeguate, parallelamente al faticoso cambio generazionale che sta avvenendo nelle aziende del nostro sistema.

E’ innegabile, d’altronde, (lasciatecelo dire…!), che fra i migliori tecnici del settore riconosciuti nel mondo, come validi consulenti tanto in campo, quanto nei progetti di breeding, nella ricerca e finanche in ambito accademico, figurino, non a caso, molti tecnici ed agronomi italiani, colleghi di Oscar Salgado.
In qualità di operatori del settore, non possiamo, d’altro canto, non tenere nella giusta considerazione la necessità da parte della nostra produzione nazionale, e soprattutto di quella siciliana (ma non solo…) di trovare il proprio posizionamento in una finestra stagionale che eviti il rischio di sovrapporsi eccessivamente con quella di areali produttivi più competitivi e reattivi del nostro. Riteniamo che sia fondamentale e rappresenti la vera sfida per il prossimo futuro.

Così come è fondamentale, a ns. avviso, provare ad ottenere un prezzo più alto sui nostri mercati di riferimento, differenziandoci, raccontandoci, valorizzandoci, promuovendo la qualità che dobbiamo essere sempre in grado di esprimere con il nostro lavoro. Per fare questo, lo sappiamo – ma non tutti ci crediamo ancora fino in fondo – bisogna aggregarsi, bisogna unirsi, confrontarsi e condividere all’interno della filiera dati, progetti ed obiettivi, e le parole di Salgado, frutto della conoscenza dei sistemi associazionistici degli altri areali produttivi e commerciali del mondo, ce lo confermano chiaramente.

In Italia, il sistema dell’uva da tavola, finora, agli occhi di un osservatore esperto, competente ed attento come Salgado, appare effettivamente privo di una organizzazione che ne salvaguardi gli interessi e coordini le azioni strategiche. Ed invece, proprio in questo senso, arriva la più grande novità che finalmente siamo orgogliosi di poter dare!!! Un’associazione strutturata, che ambisce a rappresentare tutta la filiera italiana dell’uva da tavola, che agisce in modo congiunto per tutto il comparto, che promuove la ricerca, lo sviluppo, la comunicazione, studia ed elabora dati, che promuove il prodotto ed il territorio e crede nel valore, nell’importanza e nell’utilità vera per il sistema di quella COOPETITION da realizzare tra gli operatori, adesso finalmente c’è: è la Commissione Italiana Uva da Tavola.

Alla prossima occasione di confronto, appena possibile, la CUT sarà lieta e lusingata di poter mostrare e dimostrare anche ad autorevoli professionalità come quella di Oscar Salgado, appunto, come, con la partecipazione di tutto il territorio, del mondo produttivo, tecnico e commerciale, il sistema si stia adoperando per sviluppare strategie, obiettivi e strumenti affinché quello dell’uva da tavola italiana diventi più di un semplice comparto e si organizzi in un vero e proprio “Distretto Produttivo”.

Si riusciranno così a realizzare quelle iniziative che contribuiscano a recuperare, aumentare e difendere la redditività e la competitività di tutte le aziende che operano nell’industria dell’uva da tavola italiana, nei principali areali produttivi del paese, facendo tesoro anche della visione più ampia e lucida di chi ci osserva dall’esterno, consapevoli dei nostri limiti attuali, ma anche del valore, dell’importanza e del grande potenziale della filiera italiana dell’uva da tavola nel panorama produttivo e commerciale nazionale ed internazionale.

Commissione Italiana Uva da Tavola

 www.commissioneuvadatavola.it – info@commissioneuvadatavola.it